sabato 4 dicembre 2010

L'emergenza campana non si supera con gli inceneritori

L’EMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA

1.                  Il quadro normativo di riferimento.
1.1              La materia dei rifiuti trova compiuta disciplina nella parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Nella Regione Campania, tuttavia, per fare fronte alle continue emergenze , il Governo è ricorso a numerosi decreti legge nonché ad innumerevoli ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nel 2008, il Governo adottò il decreto legge n. 90 del 23 maggio convertito, con modificazioni, in legge 14 luglio 2008, n.123. intitolato”Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile
Con tale provvedimento si prevedeva la nomina di un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio individuato nel Capo Dipartimento della Protezione Civile, preposto alla soluzione dell’emergenza.
Al fine di poter svolgere in mandato ricevuto al Sottosegretario era stato attribuito il potere, anche in deroga alla normativa ambientale, paesaggistica, di pianificazione del territorio e della difesa del suolo, nonché igienica –sanitaria, di individuare dei siti da destinare alla ricezione dei rifiuti.
I siti individuati e gli impianti esistenti venivano dichiarati di interesse strategico nazionale prevedendo, altresì, a carico di chiunque si fosse reso responsabile di condotte finalizzate all’impedimento del funzionamento una specifica sanzione penale.
Al fine di garantire la corretta funzionalità del settore impiantistico, erano stati individuati i siti idonei ad ospitare discariche e precisamente: Sant’Arcangelo Trimonte (BN) –loc. Nocecchie; Savignano Irpino (AV) – loc. Postarza; Serre (SA) – loc. Macchia Soprana; Andretta (AV) – loc. Pero Spaccone; Terzigno (NA) – loc. Pozzelle e loc. Cava Vitiello; Napoli – loc. Chiaiano (Cava del Poligono e Cupa del Cane); Caserta – loc. Torrione (Cava Mastroianni); Santa Maria la Fossa (CE) – loc. Ferrandelle; Serre (SA) – loc. Valle della Masseria.
Il Sottosegretario veniva, inoltre, autorizzato alla realizzazione di un impianto di termovalorizzazione nel Comune di Napoli da ubicare in un sito individuato dal Sindaco di Napoli.
Il Sottosegretario era altresì autorizzato a disporre la progettazione, la realizzazione e la gestione, con il sistema della finanza di progetto, di un impianto di recupero dei rifiuti già prodotti e stoccati (le eco balle) per la produzione di energia. Veniva inoltre autorizzato il termovalorizzatore di Acerra a ricevere 600.000 tonn/anno di rifiuti.
Per quanto concerne la raccolta differenziata venivano fissati degli obiettivi minimi pari al 25% entro il 31 dicembre 2009, al 35% entro il 31 dicembre 2010 e al 50% entro il 31 dicembre 2011. In caso di mancato raggiungimento di tali percentuali veniva prevista una maggiorazione percentuale sulla tariffa di smaltimento.
A tal fine i Sindaci della Regione Campania erano tenuti ad inviare mensilmente al Sottosegretario i dati della raccolta differenziata.
Veniva poi attribuita ai Presidenti delle Province campane l’obbligo di adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, le necessarie iniziative tese a disincentivare l’utilizzo dei beni usa e getta.
Il Comune di Napoli e l’ASIA s.p.a. entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto erano tenuti a presentare un piano di raccolta differenziata adeguato alla popolazione residente. In caso di mancata attuazione il Sottosegretario avrebbe provveduto in via sostitutiva.
1.2.            Con decreto legge 195 del 30 dicembre 2009 il Governo dichiarò chiusa la fase dell’emergenza rifiuti.
A tal fine il decreto prevedeva entro sette giorni dall’emanazione la costituzione di un’Unità stralcio e di un’Unità operativa entrambe coordinate dal Comandante del Comando logistico Sud. La cessazione di tali unità veniva prevista per il 31 gennaio 2011. Mentre all’Unità stralcio venivano attribuiti compiti amministrativi e di gestione dei crediti e debiti dei precedenti Commissariati, all’Unità operativa venivano attribuiti compiti inerenti il supporto alla Regione Campania e alle Province nella gestione dei rifiuti.
Veniva inoltre stabilito che nelle more della realizzazione dell'impianto di termovalorizzazione di Napoli, l'ASIA s.p.a. del comune di Napoli avrebbe assicurato la necessaria funzionalità dell'impiantistica a servizio del complessivo ciclo di gestione dei rifiuti nel territorio della provincia di Napoli, all'uopo, subentrando nella gestione degli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti ubicati in Giugliano e Tufino.
1.3.            In linea con la precedente normativa si pone l’attuale Decreto Legge 26 novembre 2010, n. 196 il quale sposa la politica, assolutamente superata, dell’incenerimento dei rifiuti attribuendo le funzioni prima spettanti al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Emergenza Rifiuti a commissari scelti d’intesa fra Regione e Provincia. Nelle more della costruzione degli impianti, autorizza lo smaltimento fuori regione.
Tale provvedimento è, ad avviso di scrive, destinato a fallire poiché persegue la solita politica autoritativa incurante delle istanze dei cittadini e che già negli ultimi 15 anni si è dimostrata fallimentare.
2.      Lo stato dell’arte.
2.1.            Delineato il quadro normativo bisogna interrogarsi sulle motivazioni della mancata risoluzione dell’emergenza rifiuti.
Innanzitutto va evidenziato che non tutte le discariche previste dal d.l. 90/2008 sono state attivate. Tuttavia, l’apertura, ad esempio, della discarica di Chiaiano ha consentito di superare nel 2008 l’emergenza in atto ma non ha garantito la soluzione definitiva del problema.
Allo stato risultano attive le seguenti discariche:
Savignano Irpino, Sant’Arcangelo Trimonte, San Tammaro, Chiaiano e Terzigno. Tali discariche hanno una capienza residua in grado di assicurare i conferimenti per circa un anno e mezzo, se si considera che la produzione di rifiuti in Campania è pari a 2.700.000 tonnellate/anno con una quota di raccolta differenziata pari al 19%.
Attualmente gli impianti STIR sia di Giugliano che di Tufino, dove vengono conferiti i rifiuti di Napoli, risultano paralizzati poiché non riescono a trattare tutti i rifiuti che ricevono.
Neanche l’ OPCM  27 ottobre 2010, n. 3902 con la quale la Regione Campania è stata autorizzata a smaltire i rifiuti derivanti dal trattamento degli impianti STIR presso la Regione Calabria sembra attenuare il problema.
La raccolta differenziata a Napoli è ferma al 18,5%.
Ciò significa che la frazione indifferenziata dei rifiuti napoletani è pari all’81,5%. Conseguentemente la quasi totalità dei rifiuti prodotti a Napoli necessita dello smaltimento in discarica.
Il Termovalorizzatore di Acerra funziona a singhiozzi contribuendo a determinare lo stallo del sistema.
Il mal funzionamento del termovalorizzatore è legato principalmente al fatto che i rifiuti che vengono conferiti presentano un’alta percentuale di rifiuto umido che determina il blocco delle linee.
Mancano, infine, impianti di compostaggio in grado di assicurare il trattamento della frazione organica prodotta.
2.2.            Dalla disamina su esposta ne deriva un quadro drammatico non soltanto per la situazione attuale ma soprattutto per gli effetti che potranno aversi in futuro.
La politica emergenziale durata 15 anni si è rivelata fallimentare. Da un lato, infatti, è stata incapace di determinare un ciclo integrato dei rifiuti; dall’altro ha portato ad una sempre maggiore deresponsabilizzazione delle amministrazioni locali e dequalificazione del personale in materia ambientale. Tale aspetto ha avuto ricadute negative anche nel rapporto con le collettività che hanno visto le scelte ambientali calate esclusivamente in provvedimenti impositivi secondo una visione ormai assolutamente superata.
Le gestioni commissariali non sono neanche riuscite a garantire il rispetto della legalità, come dimostrano le numerose inchieste della magistratura, determinando ulteriore allarme sociale nella collettività. Ciò ha comportato, conseguentemente, una ferma opposizione da parte della collettività all’insediamento di qualunque impianto sul territorio.
3.      Proposte
3.1.            Per uscire dall’emergenza nella quale versa la Regione Campania è necessario procedere su un doppio binario. Da un lato è indispensabile adottare soluzioni immediate atte a scongiurare il blocco totale del ciclo dei rifiuti. Dall’altro è indispensabile, in linea con la normativa europea e nazionale, avviare una politica ambientale di lunga durata improntata al rispetto dei principi stabiliti dalla direttiva 98/2008/CE di cui si dirà in seguito.
È necessario immediatamente attivare un piano di raccolta differenziata spinta anche mediante il sistema porta a porta. Diretta conseguenza di un basso tasso di raccolta differenziata, infatti, è chiaramente una maggiore frazione di rifiuto indifferenziato che necessita, in larga misura, di essere smaltito in discariche con maggiore pregiudizio per l’ambiente e con elevati costi. Incrementare la raccolta differenziata avrebbe, invece, effetti positivi non soltanto in tema di tutela ambientale ma anche in termini economici. Gli effetti diretti di tale sistema contribuirebbero a ridurre gli oneri di smaltimento, che toccano i valori più alti proprio con riguardo alla frazione indifferenziata. Le frazioni differenziate, poi, cedute ai consorzi di filiera garantirebbero, sulla scorta degli accordi ANCI- CONAI, maggiori introiti per le amministrazioni pubbliche.
È indispensabile avviare la costruzione di impianti di compostaggio idonei a ricevere la frazione umida prodotta. Le Amministrazioni pubbliche dovrebbero attivarsi per incentivare e sostenere gli impianti finalizzati alla preparazione per il riutilizzo. Dovrebbero dare concreta attuazione all’incentivazione del materiale proveniente dal recupero e dal riciclaggio mediante la previsione di idonee clausole d’appalto. Dovrebbero  stipulare  accordi di programma con il mondo industriale ed imprenditoriale finalizzati alla riduzione dei rifiuti,.  La costruzione di ulteriori inceneritori non è compatibile con la risoluzione del problema Gli inceneritori peraltro non sono idonei a chiudere il ciclo dei rifiuti poiché a loro volta ne produco. Infatti, a seguito dell’incenerimento, circa il 30% in peso dei rifiuti in ingresso diventa cenere che  necessita a sua volta di essere smaltita in discarica oltre al fatto che immettono nell’ambiente sostanze nocive.
3.2.            In prospettiva invece bisogna adottare politiche moderne in linea con i principi comunitari. Al tal fine si evidenzia che il 12 dicembre scadrà il termine entro il quale l’Italia dovrà recepire la Direttiva 98/2008/CE che modificherà profondamente la disciplina dei rifiuti. Al riguardo lo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo è stato approvato in Consiglio dei Ministri il 18 novembre u.s.
Tale direttiva sottolinea che l’obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti deve consistere nel ridurre il più possibile le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l’ambiente. 
Per questo motivo, la politica ambientale in materia di rifiuti dovrebbe puntare alla riduzione dell’uso delle risorse e alla promozione dell’applicazione concreta della gerarchia dei rifiuti vale a dire dei principi gerarchici ai quali il sistema integrato dei rifiuti deve conformarsi e che vengono identificati all’art. 4  della direttiva nella:
a) prevenzione;
b) preparazione per il riutilizzo;
c) riciclaggio;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e
e) smaltimento.
Nell’ambito della gerarchia dei rifiuti, la Direttiva introduce il principio della “preparazione per il riutilizzo” intesa come le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento.
Il fine della Direttiva 2008/98/CE consiste, in definitiva, nel determinare una società del riciclaggio, cercando di ridurre la produzione di rifiuti e, nello stesso tempo, di utilizzare gli stessi come risorse.
Nell’ambito dei principi suesposti si collocano gli obiettivi di riciclaggio indicati all’art. 11 della direttiva il quale prevede che “entro il 2015 la raccolta differenziata sarà istituita almeno per i seguenti rifiuti: carta, metalli, plastica e vetro”.
Il medesimo articolo dispone poi che “al fine di rispettare gli obiettivi della presente direttiva e tendere verso una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse, gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:
a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50 % in termini di peso;
b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 % in termini di peso”.
Al fine del raggiungimento di tali obiettivi a norma del 1° comma del medesimo articolo “gli Stati membri adottano le misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e le misure di preparazione per le attività di riutilizzo, in particolare favorendo la costituzione e il sostegno di reti di riutilizzo e di riparazione, l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di appalti, di obiettivi quantitativi o di altre misure. Gli Stati membri adottano misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità e a tal fine istituiscono la raccolta differenziata dei rifiuti, ove essa sia fattibile sul piano tecnico, ambientale ed economico e al fine di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i settori di riciclaggio pertinenti”.
Sul punto lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva ha previsto un ruolo primario delle amministrazioni pubbliche.
Modificando l’art. 180 del D.Lgs. 152 del 2006, infatti, il legislatore ha prescritto che, in ottemperanza al principio di prevenzione dei rifiuti, le pubbliche amministrazioni adotteranno “la previsione di clausole di bandi di gara o lettere di invito che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti”.
Sempre in tema di prevenzione dei rifiuti la direttiva ha introdotto un altro importante principio riguardante la responsabilità estesa del produttore prevedendo che per rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e l’altro recupero dei rifiuti, gli Stati membri possono adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia  soggetto ad una responsabilità estesa del produttore. Tali misure possono includere l’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo l’utilizzo di tali prodotti, nonché la successiva gestione dei rifiuti e la  responsabilità finanziaria per tali attività. Tali misure possono includere l’obbligo di mettere a disposizione del pubblico informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile. Gli Stati membri possono adottare misure appropriate per incoraggiare una progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali e la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti e ad assicurare che il  recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in conformità degli articoli 4 e 13. Tali misure possono incoraggiare, tra l’altro, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all’uso multiplo, tecnicamente durevoli e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l’ambiente.
Una specifica disposizione, sempre nell’ottica del rafforzamento della raccolta differenziata, viene, poi, dedicata alla disciplina dei rifiuti organici là dove è previsto che gli Stati membri adottano misure volte a incoraggiare:
 a) la raccolta separata dei rifiuti organici ai fini del compostaggio e dello smaltimento dei rifiuti organici;
b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;
c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai rifiuti organici.
Dalla disamina suesposta si evince chiaramente che nel quadro tracciato dal legislatore comunitario lo smaltimento viene relegato ad un ruolo ancor più marginale rispetto alla precedente disciplina ed è ammesso solo qualora sia effettuato:
a) senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o la fauna;
b) senza causare inconvenienti da rumori od odori e
c) senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse.
I principi della direttiva dovranno essere recepiti dai piani regionali per la gestione dei rifiuti.
3.3.            Con riferimento al tema della pianificazione, la direttiva introduce il principio forse più importante ossia la partecipazione del pubblico addirittura nella fase di redazione del piano.
L’art. 31 dispone, infatti, che “gli Stati membri provvedono affinché le pertinenti parti interessate e autorità e il pubblico in generale abbiano la possibilità di partecipare all’elaborazione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti e di accedervi una volta ultimata la loro elaborazione.
Il tema della partecipazione, dell’accesso all’informazione e della comunicazione ambientale ai fini di una buona governance rappresenta, infatti, un riferimento sempre più presente nel quadro normativo e programmatico comunitario, internazionale e nazionale sullo sviluppo sostenibile. Il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini, delle associazioni, e degli altri attori della società civile è ritenuto fondamentale per migliorare la qualità delle politiche pubbliche ed i processi decisionali che, a tal fine, devono integrare le decisioni in base agli apporti del pubblico.
La capacità di apertura delle istituzioni pubbliche, di rendere trasparenti i processi decisionali innescando meccanismi di coinvolgimento dei cittadini è alla base del nuovo modo di concepire l’azione pubblica e riflette lo scenario diverso in cui oggi si guarda al processo di elaborazione delle politiche che deve essere improntato e permeato di democrazia partecipata, conformandosi appunto a quei principi di trasparenza, apertura e partecipazione, che, secondo l’Unione Europea, definiscono la buona governance.
Il principio della partecipazione si inserisce, dunque, in un quadro normativo generale che aveva già visto, con la convenzione di Århus approvata dal Consiglio dell’Unione Europea il 17  febbraio 2005, la previsione dell’accesso da parte del pubblico alle informazioni ambientali e la partecipazione del pubblico alle scelte in materia ambientale. In Italia il principio dell’accesso alle informazioni, come noto, è stato recepito con il D.Lgs. 195 del 2005.
Nel campo ambientale e dei rifiuti in particolare l’informazione e la partecipazione rivestono particolare rilevanza, poiché riguardano l’ambiente, e toccano quindi uno dei diritti principali dell’individuo, il diritto alla salute e ad un ambiente sano e, in definitiva, ad una migliore qualità della vita.
La problematica dei rifiuti investe la vita quotidiana dei cittadini e, per affrontare in maniera efficace i problemi ad essi collegati, i governi e le amministrazioni, soprattutto a livello locale, debbono informare e coinvolgere la collettività nelle decisioni.
La partecipazione diretta dei cittadini alle scelte di trasformazione non deve intendersi solo un’opzione politica o culturale, ma una componente essenziale dei processi decisionali.
Tale aspetto è ancor più importante nella Regione Campania dove le scelte ambientali sono state sempre ricollegate, da parte delle collettività, ad interessi affaristici, camorristici a totale discapito della salute pubblica e della tutela dell’ambiente.
Oggi, come detto, è necessario operare scelte responsabili che vedano la partecipazione attiva da parte dei cittadini non soltanto nella fase delle pianificazioni ma anche e soprattutto nella fase della gestione del sistema impiantistico. Partecipazione che può trovare concreta attuazione mediante il coinvolgimento diretto delle associazioni ambientaliste presenti sul territorio che, in questa delicata fase politica e sociale, danno sicuramente maggiore garanzia ai cittadini di quanta ne possano dare le istituzioni o le imprese.
Ciò anche in considerazione che l’attore principale del sistema di gestione integrata dei rifiuti è il cittadino: egli produce il rifiuto, egli ha il dovere di eseguire una corretta differenziazione ed è dunque, giusto che sia partecipe della programmazione e della gestione. Di contro, tuttavia, è preciso dovere dell’amministrazione pubblica elaborare un sistema integrato dei rifiuti che sia il più possibile in linea con le esigenze della collettività recependone le istanze. È, infine, dovere comune, avere comportamenti virtuosi sì da preservare l’ambiente non solo nell’immediato ma anche e soprattutto per le generazioni future.

                                                                                              4 dicembre 2010

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